Design
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Misiad: Milano si autoproduce.

Laura-Agnoletto
Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo.
(Henry Ford)

È dunque questo il segreto per far funzionare un progetto a lungo termine?
Secondo Laura Agnoletto, fondatrice di MISIAD (acronimo per Milano Si Autoproduce) assieme ad Alessandro Mendini, Cesare Castelli e Camillo Agnoletto, è fondamentale attivarsi unitamente  per procedere in una direzione chiara ed esplicita, il design autoprodotto.
Se il termine di per sé può rimandare a dimensioni troppo autoreferenziali, ciò che si avvertirà dalla conversazione avvenuta nello spazio di via Amedei, è d’altro avviso.
Grazie a una vastissima ed eterogenea esperienza iniziata assieme al socio Marzio Rusconi Clerici a Londra, sul finire degli anni Ottanta, con uno studio di architettura e design, e successivamente sviluppata a Milano, Laura Agnoletto è giunta a una conclusione che vede come necessaria, se non imprescindibile per il design odierno, il “fare rete” – una commistione di saperi artigianali, competenze strutturali, espressioni artistiche, innovazioni tecnologiche che, collaborando in maniera simbiotica, permettono un’evoluzione concreta dello stile italiano nella progettazione di oggetti e luoghi e, oggi come non mai, di ambienti che favoriscano una vivibilità urbana ed extraurbana.
A questa consapevolezza fa seguito sia un’esigenza di pianificazione di ordine economico per le innumerevoli forze inventive del tessuto nazionale, sia una gestione efficace del potenziale, che spesso si disperde per logiche burocratiche e finanziarie, al fine di creare un sistema di fatto, basato su salde interconnessioni, che esalti tutti i settori associati.
Un’operazione di marketing, a opera di uno o più industriali illuminati in cooperazione con enti istituzionali, favorirebbe quello slancio tanto auspicato da Agnoletto, per rendere ancora una volta nel mondo il design italiano unico, riconoscibile e riconoscente verso un suo iter storico fatto di eccellenze, che allora trovarono la chiave di volta per esportare il genio isolano, non isolandolo.
È proprio dall’internazionalizzazione del prodotto unico e in serie, limitata o no che sia, dell’utensile d’uso quotidiano e valido ovunque per questo, che si evince l’estetica di un Paese, il suo pensiero e il suo avvenire: se non si progetta proiettando sulle proprie invenzioni una volontà di futuro, decade l’essenza stessa dell’atto creativo, in fondo un umano tentativo rivolto, talvolta goffamente, talvolta egregiamente, all’eternità.

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